Adesso che stiamo tirando un respiro di sollievo leggendo i dati confortanti sulla diminuzione percentuale del contagio da Covid-19, vogliamo proporvi il racconto di un medico che ha combattuto in prima linea in un ospedale lombardo nei giorni più bui.
Un nostro concittadino, il Dr. Filippo Marini Balestra è partito volontario a metà marzo in Lombardia per combattere il flagello che ci ha colpito ed appunto crediamo sia interessante leggere quanto ha scritto rispondendo ad alcune domande che gli abbiamo proposto, quindi farvi vivere i sentimenti dei molti suoi colleghi (tra cui anche un medico di Tarquinia) che sfidando il contagio, hanno compreso quanto fosse necessario collaborare per salvare vite umane:
“Esercito la libera professione di medico chirurgo specialista in chirurgia maxillo facciale; durante la fase di lockdown la mia attività professionale si è ridotta notevolmente per la diminuzione di patologie traumatiche a carico del massiccio facciale e, d’altro canto, il riscontro quotidiano dell’esponenziale aumento della crisi sanitaria legata all’epidemia da Covid, mi ha convinto immediatamente a partecipare al bando indetto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri – Protezione civile per il reclutamento di una task force di medici da affiancare ai colleghi delle zone più duramente colpite dall’emergenza. Lo spirito di solidarietà verso i miei colleghi e verso la comunità nazionale a cui appartengo è stato il motivo principale del mio arruolamento.
Dopo aver inoltrato la domanda, correlata di curriculum, per via telematica, siamo stati contattati telefonicamente dalla protezione civile per stabilire la finestra temporale nella quale saremo stati disponibili a partire, infatti non siamo partiti tutti lo stesso giorno ma a gruppi di circa 80 professionisti ogni settimana per quattro settimane. Una volta definita la data siamo stati finalmente convocati per la partenza in un albergo di Roma dove siamo stati sottoposti a tampone naso-faringeo e l’indomani, avendo avuto il risultato dello stesso, trasferiti con diversi mezzi della protezione civile verso le regioni di rispettiva assegnazione. Durante il soggiorno a Roma è stato eseguito un briefing nel quale ci è stata comunicata la regione nella quale avremo prestato servizio.
Sono stato selezionato per prestare il mio servizio nella regione Lombardia insieme a 19 colleghi. La prima cosa che mi ha colpito è stata l’eterogeneità del mio gruppo: era costituito da medici del Lazio, della Campania, dell’Abruzzo, della Sicilia, della Sardegna, della Toscana; di ogni età, qualcuno mio coetaneo, pochi, la maggior parte più grandi di me, diversi in pensione da molti anni ma tutti animati dallo stesso indomabile spirito! E così ci siamo ritrovati a bordo di un aereo dell’Aeronautica Militare direzione Linate ove ci avrebbero accolti i responsabili della protezione civile della regione Lombardia per comunicarci in quale zona specifica avremmo operato.
Il giorno stesso del nostro arrivo a Linate ci hanno suddiviso in ulteriori gruppi e mi hanno destinato a Brescia quindi dopo un veloce transfer il pomeriggio ci siamo recati presso la direzione sanitaria degli “Spedali Civili” di Brescia dove a seguito di un veloce colloquio in base alle nostre capacità professionale ed alle esigenze locali sono stato destinato per quattro settimane presso il presidio ospedaliero di Montichiari.
Il nostro compito essenziale era quello di affiancare e “dare respiro” ai colleghi lombardi provati da diverse settimane di extra turni senza alcuna possibilità di riposo. Personalmente ho prestato servizio in un reparto di medicina interna ove erano ricoverati pazienti in condizioni subcritiche o appena trasferiti dall’unità di rianimazione.
I colleghi ed il personale infermieristico dell’ospedale di Montichiari ci hanno accolti come fratelli e credo che che sia stata una delle cose più gratificanti di questa esperienza.
I pazienti, che ovviamente già conoscevano i colleghi locali, hanno imparato a conoscerci nel tempo e credo che la nostra presenza in quel periodo abbia contribuito a farli sentire meno soli e soprattutto abbia maturato in loro la convinzione che il resto della nazione non era indifferente alla tragedia sanitaria lombarda.
Ora dopo ora di lavoro in reparto venivano continuamente aggiornati i protocolli di efficacia delle varie terapie: un lavoro estremamente difficoltoso perché eseguito strada facendo….
Tra i miei colleghi di missione si è instaurato un rapporto affettivo ed un sentimento di fratellanza che nulla potrà mai scalfire. Sarò sempre a Loro disposizione.
Il lavoro di un medico è sempre in prima linea per le responsabilità che si assume quotidianamente nel migliorare le condizioni dei propri pazienti, sia a Roma che a Brescia.
Prima di ripartire da Brescia avevo già inviato la domanda per poter restare altre quattro settimane…. La situazione per fortuna era migliorata, e così sono ritornato a casa.
Ho scelto di fare il medico (anzi il chirurgo!) proprio per questo motivo nonostante la mia famiglia sia “infestata” da professionisti del diritto. Nessuno dei miei colleghi è partito o tornato da eroe ma semplicemente è soddisfatto di aver esercitato la professione medica dedicandosi alla cura dei più bisognosi e mettendosi al servizio della propria comunità nazionale”.
[Fonte La Città]